#IORESTOSOCIALE – UNA CHIACCHIERATA CON ANNA SERENO
Ciao Anna. Bentrovata nel nostro spazio settimanale #iorestosociale. Iniziamo con una piccola presentazione?
Sono presidente della cooperativa sociale Cecilia dal 2015. Lavoro nella cooperazione sociale dal 1993, iniziando come operatrice sul territorio e poi occupandomi di coordinamento dei servizi. La mia formazione universitaria ha una chiara impronta sociale, difatti mi sono laureata all’Università Roma Tre in scienze del servizio sociale e sono abilitata, da circa 15 anni, alla professione di assistente sociale.
Sulla vostra pagina Facebook avete fatto gli auguri alla cooperativa Meta, che sabato ha compiuto 40 anni, e avete scritto “Presto saranno anche i nostri!”. Eccoti una domanda difficile: quattro parole per dire cos’è stata Cecilia a Roma in quattro decenni.
È una lunga storia, nata da un sogno di un pugno di amici e amiche che alla fine degli anni Settanta hanno deciso di scommettere su un’idea partecipata e di prossimità dei servizi sociali. Un progetto che ha messo al centro la persona, i suoi bisogni ma anche i desideri, nell’idea che solo all’interno di una comunità professionale, territoriale e solidale si possono costruire gli strumenti di contrasto al disagio sociale, alle sofferenze psichiche, alla marginalità.
Ci sembra che Cecilia abbia avviato una nuova policy nella comunicazione online, con un uso più consapevole dei social. È così?
Lo spazio della comunicazione digitale e della connessione social è diventato un ambito strategico, non solo come veicolo di contenuti, cosa di per sé decisiva, ma anche come vera e propria infrastruttura produttiva. Per questo abbiamo deciso di investire risorse e professionalità per restituire l’immaginario e la passione per il nostro lavoro, oltre a una possibilità di valorizzazione professionale della cooperativa.
In molte occasioni, nella sua storia quasi quarantennale, la cooperativa è stata destinataria di donazioni. Oggi, grazie al Fondo Carta Etica Unicredit, siete riusciti ad acquistare un mezzo per il trasporto di disabili e anziani. Non è una cosa tanto usuale per le cooperative sociali. Qual è il vostro segreto?
Non c’è nessun segreto: abbiamo elaborato un progetto che mettesse in evidenza il valore aggiunto per i nostri servizi dell’acquisizione di un nuovo mezzo di trasporto. Si tratta di uno strumento decisivo di inclusione e di accesso alle attività sociali e culturali, in grado di garantire la partecipazione a tutti i nostri assistiti, a prescindere dalle loro capacità fisiche o possibilità economiche. Un mezzo di trasporto attrezzato gestito dalla cooperativa consente alle famiglie dei disabili e anziani la possibilità di sollevarsi dagli accompagnamenti, offrire un passaggio a chi non ha un mezzo proprio, ridurre le distanze per chi vive in parti di territorio non collegate agevolmente con il trasporto pubblico.
Parliamo di scenari futuri. Quali sono le prospettive della cooperativa da qui ai prossimi tre anni?
Continuare un percorso di allargamento, strutturazione e rafforzamento degli interventi sociali, in un’ottica di lavoro di rete sempre più solido, integrando attitudini, esperienze, sperimentazioni che ricostruiscano un’idea inclusiva e mutualistica delle politiche sociali. Una sfida niente affatto semplice, alla luce dei tagli e delle difficoltà degli ultimi anni. Ma come l’emergenza Covid ha dimostrato plasticamente, non si può difendere la tenuta sociale di un Paese senza investimenti e risorse negli ambiti decisivi del sociale, della sanità e della scuola.
Cosa servirebbe per farla diventare migliore di come è oggi?
Una struttura amministrativa pubblica più attenta alle esigenze delle persone e meno autoreferenziale, che valorizzi davvero le risorse dei territori e le esperienze sociali di prossimità, per indagare e rispondere ai problemi di inclusione e di sofferenza diffuse. Rimettere al centro il valore dei beni comuni e del welfare, la persona e non la burocrazia.
Come vuoi concludere la nostra chiacchierata. Vuoi dirci qualcosa che ti sta particolarmente a cuore?
Concludo augurando a noi tutti buon lavoro, accompagnato da un sentito in bocca al lupo. Le nuove sfide che ci aspettano, anche alla luce dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, ci metteranno fortemente alla prova, ma, come abbiamo dimostrato ampiamente fino ad ora, la cooperazione sociale non si ferma.